Fermata #127 - Stampa & Bitcoin - Bitcoin è acqua digitale
Il Sole 24 Ore definisce l'euro digitale una valuta "pubblica", in contrasto a Bitcoin che sarebbe "privata". Le ragioni per cui, in realtà, le cose stanno diversamente
A differenza delle criptovalute - e come l’euro di carta - l’euro digitale sarebbe denaro della banca centrale. Il tentativo è di evitare che si moltiplichino le valute private, come il bitcoin, e che la moneta perda il suo carattere pubblico.
A scrivere queste righe è il giornalista Beda Romano sulle pagine del Sole 24 Ore dello scorso 5 settembre, in un articolo intitolato: “Panetta: «Con l’euro digitale più forti economia e autonomia della Ue»”.
Il corrispondente del quotidiano di Confindustria commenta le parole pronunciate il giorno precedente davanti alla Commissione Europea da Fabio Panetta, membro del board della Banca centrale europea e, dal prossimo 1 novembre, governatore di Banca d’Italia.
Non è la prima volta che i giornali descrivono l’euro come una moneta pubblica e, in contrasto, bitcoin come una moneta privata. L’interpretazione fallace può essere comprensibile: intuitivamente l’euro viene emesso da un’istituzione, mentre Bitcoin emerge naturalmente dal libero mercato. Le cose, tuttavia, non sono così semplici.
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L’euro è davvero pubblico?
Per sapere se la moneta che utilizziamo quotidianamente sia davvero considerabile bene pubblico, vale la pena capire come venga generata e gestita. Nel sistema fiat, il modo in cui si “stampa” valuta è tramite l’emissione di nuovo credito. Quando la Bce compra titoli di Stato italiani, ciò che realmente fa è registrare sui propri libri contabili un credito; le casse pubbliche italiane registrano contemporaneamente un debito. La stessa cosa succede quando una banca commerciale emette un mutuo: nuovo denaro viene creato in forma di credito per la banca e in forma di debito per il mutuatario.
La Bce è un’istituzione pubblica?
La Bce gode di indipendenza dalle istituzioni dell’Ue come la Commissione, il Parlamento e il Consiglio in base ai principi fondamentali stabiliti dal Trattato di Maastricht del 1992. I membri di Francoforte sono nominati per mandati e non sono eleggibili tramite voto popolare; il bilancio della Bce è separato dai conti delle istituzioni Ue.
Francoforte non è tenuta a rispondere alle istituzioni pubbliche comunitarie. La sua proprietà, tuttavia, può considerarsi pubblica.
Il sito della banca centrale stessa spiega che a possedere la Bce sono “le banche centrali di tutti i Paesi dell'UE. Si potrebbe pensare a loro come ad azionisti. Ognuno di loro ha una quota del capitale della Bce”. Generalmente le banche centrali nazionali - se pur con molte differenze da Paese a Paese - sono di proprietà dello Stato. L’Italia è una delle poche eccezioni: ha un capitale complessivo di 7,5 miliardi di euro, suddivisi in 300.000 quote da 25.000 euro ciascuna.
Al 16 agosto 2023 le quote sono suddivise tra 173 diversi azionisti: Unicredit è l’azionista di maggioranza relativa con 15.000 quote, equivalenti a 375 milioni di euro. Aggiungendo una manciata di istituti privati si arriva velocemente al 30,3% del capitale. Nello specifico: Intesa Sanpaolo (14800 quote), BPER Banca (9765 quote), ICCREA Banca (9367 quote), Banca Generali (9000 quote), Cassa di Risparmio di Asti (9000 quote), Crédite Agricole Italia (8438 quote), UnipolSai (6000 quote), BFF Bank (5000 quote) e BPM (4541 quote).
Nonostante la legge definisca Bankitalia un’istituzione indipendente, i fatti dicono che la maggioranza dell’istituto è in mano ai privati. Si tratta, però, di un caso isolato: gran parte delle banche centrali azioniste della Bce è economicamente in mano ai rispettivi Paesi.
D’altra parte, è riconosciuto che la forte maggioranza della moneta in circolazione venga generata dall’emissione di credito degli istituti bancari privati. L’attività di prestito delle banche commerciali ha volumi significativamente maggiori rispetto al QE della Bce. La questione pubblico/privato si rifà, quindi, all’interpretazione: la proprietà della Bce è da considerarsi pubblica; la generazione della moneta, tutt’altro.
Bitcoin è privato?
Ciò che più stona nell’articolo è la definizione di Bitcoin come moneta privata. Bitcoin è un semplice protocollo informatico costituito da nodi distribuiti in tutto il mondo, non diversamente da Internet.
E’ forse Internet definibile come un’infrastruttura privata?
Quanto scoperto da Satoshi Nakamoto non ha azionisti, non ha proprietari e non ha una sede legale. L’ammontare di bitcoin in possesso di un’entità non conferisce a quest’ultima alcun potere decisionale sul funzionamento della tecnologia. Nell’articolo del Sole 24 Ore si fa riferimento anche alla decisione di PayPal di lanciare la propria stablecoin legata al valore del dollaro americano: quest’ultima, essendo gestita dall’azienda statunitense, è definibile valuta privata.
Nella sua essenza più elementare, Bitcoin è un'infrastruttura tecnologica pubblica, il cui operato non può essere influenzato da individui, gruppi di individui, aziende private, aziende pubbliche, governi e istituzioni. Il funzionamento è regolato unicamente dal Consenso.
Bitcoin non è imposto, emerge unicamente se le persone scelgono di utilizzarlo. E’ un prodotto del libero mercato: forse, per questo motivo, qualcuno può ricondurlo a un bene privato. Ma è forse l’oro - una commodity utilizzata per secoli come denaro per le sue proprietà naturali - un bene privato?
Ciò che non può essere controllato e che può essere indistintamente utilizzato da chiunque, senza alcuna barriera, è ciò che di più pubblico esista.
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