Fermata #143 - I tre problemi di Bitcoin
Quando si parla di sistemi distribuiti la perfezione è una chimera. Lightning Network, mining e spam: i tre problemi che affliggono Bitcoin e le rispettive soluzioni
Mettere d’accordo il mondo intero sul funzionamento di una tecnologia priva di un coordinamento unitario è un’impresa fantascientifica.
Ci è riuscito Satoshi Nakamoto nel 2009, trovando il modo di far concordare tutti i membri di un network sull’ordine temporale delle transazioni che vi avvengono, senza affidarsi a una terza parte. La scoperta, che risponde al nome di Bitcoin, è una rivoluzione copernicana che incontra economia, società, politica ed energia e che il mondo sta gradualmente iniziando a conoscere.
Il numero crescente di individui che utilizzano Bitcoin, tuttavia, porta con sé la naturale tendenza alla ricerca di un modo per efficientare le operazioni. Da qui, per esempio, nasce il Lightning Network, una soluzione pensata per migliorare la scalabilità di Bitcoin senza compromettere la distribuzione della sua blockchain. Da qui nascono anche le mining pool, nate per rendere più affidabile il flusso di ricavi proveniente dal mining.
Come insegnato dal Trilemma, però, scalabilità ed efficienza vanno a braccetto con la centralizzazione.
Secondo chi vi scrive oggi Bitcoin affronta tre problemi principali che spingono verso una crescente centralizzazione. La buona notizia è che per tutti e tre i casi stanno nascendo (o sono già nate) le rispettive soluzioni.
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Lightning Network
Sarebbe ingenuo pensare che Lightning, studiato appositamente per scalare la rete Bitcoin, possa essere tanto distribuito quanto quest’ultima. Ma qual è il limite minimo di decentralizzazione tollerabile - tra i vari parametri da valutare come, per esempio, liquidità, numero di nodi e numero di canali - per considerare un successo l’esperimento Lightning? Forse una risposta univoca non esiste. Ciò che è certo è che meno sono i nodi e più liquidità gestiscono, più la rete è efficiente e tendente alla centralizzazione.
Nodi con grande liquidità e numerosi canali diventano punti focali per il routing. Questi hub, gestiti spesso da exchange o entità ben strutturate, possono elaborare un volume di transazioni significativo, fungendo da crocevia centrale nel network.
Va da sé che, contrariamente, tanti piccoli nodi con poca liquidità e gestiti individualmente portano a una maggior decentralizzazione, ma a spese dell’efficienza.
La centralizzazione porta con sé preoccupazioni legate alla resistenza alla censura e alla sicurezza complessiva della rete. In uno scenario dove pochi nodi dominano, la rete diventa potenzialmente più vulnerabile a guasti, attacchi mirati o interventi esterni, inclusa la censura da parte di enti governativi.
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La soluzione: Lightning Service Provider
Già più volte descritti in questa newsletter, gli Lsp sono aziende che, simili ai fornitori di servizi Internet, aiutano gli utenti a connettersi alla rete Lightning mantenendo la custodia dei propri fondi. Svolgono un ruolo importante nel fornire la liquidità necessaria per aprire canali e condurre transazioni, agendo come gateway verso il Lightning Network.
Le funzioni principali degli Lsp includono:
Fornitura di liquidità: offrono liquidità in entrata e aprono canali verso gli utenti, facilitando così le transazioni in entrata.
Gestione dei canali: offrono la gestione dei canali, del routing e dei backup.
Servizi di swap: gestiscono i cosiddetti submarine swaps che permettono lo scambio tra fondi on-chain e off-chain.
Funzione di watchtower: monitorano la blockchain di Bitcoin e la rete Lightning per identificare transazioni invalide.
Come spiegato dall’amministratore delegato di Breez Roy Sheinfeld nell’intervista a Bitcoin Train, la standardizzazione del modello dei Lightning Service Provider e dei servizi correlati può portare alla crescita consistente di domanda di pagamenti non-custodial su Lightning e, di conseguenza, alla nascita di più Lsp in concorrenza tra loro.
Una sviluppo virtuoso di tale modello può essere considerato, a mio avviso, un compromesso più che accettabile per il futuro del Lightning Network.
Mining
Le mining pool sono nate in risposta all’esigenza di rendere più prevedibile il flusso dei ricavi provenienti dal mining. La corsa a unire la potenza computazionale in squadre ha consegnato l’hashrate globale in mano a un numero di entità relativamente piccolo.
I rischi di censura delle transazioni e attacco del 51%, tutti spiegati nella fermata #78, seppur bilanciati sempre dall’incentivo economico delle pool di mantenere i singoli miner sul proprio server, possono crescere all’aumentare della centralizzazione dell’hashrate. Attualmente solo quattro pool controllano oltre il 75% dell’hashrate globale.
La soluzione: Stratum V2
In questo contesto, Stratum V2 emerge come la soluzione. Il protocollo di mining che al momento sta muovendo i primi passi dopo anni di ricerca e sviluppo, è stato pensato appositamente per offrire una maggiore decentralizzazione al settore. Una delle sue caratteristiche più innovative è la possibilità per i singoli miner di scegliere autonomamente quali transazioni includere nei loro blocchi, riducendo il potere decisionale in capo alle pool.
Stratum V2 si propone anche di migliorare la sicurezza del mining, introducendo misure che riducono la vulnerabilità ad attacchi man-in-the-middle e migliorando la privacy dei miner.
L’implementazione diffusa di Stratum V2 richiederà anni, ma la strada è tracciata ed è indubbiamente quella corretta.
Spam
Il problema più recente è legato allo spam. Anche qualora non si segua l’attualità di Bitcoin, è facile essersene accorti facendo una transazione on-chain.
Le commissioni sono alle stelle. Nelle precedenti 24 ore la commissione media per le transazioni on-chain è stata di quasi 66.000 satoshi, equivalenti a circa 28 dollari.
Il fenomeno riguarda la diffusione di fantasiosi protocolli che permettono l'incorporazione di dati arbitrari sulla blockchain di Bitcoin. Ordinals e BRC-20, spiegati rispettivamente nelle fermate #80 e #97, consentono agli utenti di inserire immagini, testi e altri tipi di dati all'interno delle transazioni.
Sebbene il limite virtuale della dimensione dei blocchi Bitcoin sia di 4 MB - dunque sia impossibile superare tale soglia - strumenti come le Inscription (resi possibili dal protocollo Ordinals) ne hanno aumentato la dimensione media, facendo crescere la blockchain in termini di spazio di archiviazione. Una blockchain più pesante si traduce in hardware più costoso per scaricarla e, di conseguenza, una minor accessibilità alla possibilità di creare un proprio nodo. E meno nodi significano minor decentralizzazione.
Sebbene quello appena descritto possa rappresentare un rischio, l’aumento dei dati inserti nei blocchi non è stato particolarmente drastico e, dunque, l’influenza sulla potenziale centralizzazione del network sarà insignificante.
In questo caso, a essere maggiormente danneggiata è l’usabilità della rete per transazioni economiche effettive, rese molto costose da speculatori degenerati e appassionati di jpeg e scimmiette on-chain.
Free market fixes this
Al di là dei filtri anti-spam ipotizzati nel dibattito tra esperti, la soluzione che potrebbe emergere nel prossimo futuro è quella del caro e vecchio libero mercato.
In un sistema come quello di Bitcoin, dove le risorse sono limitate e la domanda di spazio per le transazioni è elevata, la necessità potrebbe avere la meglio sull’avidità. Nel medio-lungo periodo gli autori delle transazioni economiche legittime e necessarie per scopi concreti - come l’acquisto di una casa o di un’auto - saranno verosimilmente disposti a pagare di più le commissioni rispetto a coloro che vorranno scambiarsi il jpeg di una scimmia per divertimento.
Con la progressiva diffusione di Bitcoin come riserva di valore e mezzo di scambio, l'uso di protocolli come Ordinals e BRC-20 diventerà un'operazione più costosa, limitando sensibilmente l'inserimento on-chain di dati non essenziali. In definitiva: il costo crescente delle transazioni agisce come un deterrente naturale contro l'uso improprio di Bitcoin.
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