Fermata #183 - Riconoscere il problema, non la soluzione
In Spagna gli investimenti in rinnovabili hanno portato a un eccesso di offerta di elettricità. Greenpeace propone la chiusura del nucleare e attacca ancora il mining di Bitcoin
La Spagna ha un problema: genera troppa energia elettrica.
A raccontarlo è un recente articolo della BBC che spiega come i grandi investimenti in rinnovabili hanno portato il Paese iberico ad affrontare ora un eccesso di offerta di elettricità: la domanda non basta a consumare la corrente prodotta e questo è, notoriamente, un problema per le reti elettriche.
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Lo squilibrio spagnolo: cresce l’offerta, non la domanda
A partire dal 2008 la Spagna ha raddoppiato la sua capacità di generazione eolica e la produzione con il fotovoltaico è aumentata di otto volte nello stesso periodo. Questa crescita ha reso la Spagna il secondo Paese europeo nel settore delle rinnovabili: davanti, solamente la Svezia.
Secondo il report Global Energy Research di Enerdata, nel 2023 il Paese iberico ha generato il 50,4% della sua elettricità - 135 TWh - da fonti green, battendo in questa speciale classifica nazioni quali Francia, Germania, Italia e Regno Unito. Nello specifico, gran parte della quota di fonti rinnovabili si è suddivisa fra eolico (24%) e fotovoltaico (14%). Tecnologie come il nucleare e la generazione a gas a ciclo combinato hanno anch'esse una quota importante del mix spagnolo: rispettivamente il 20,3% e il 17,2% del fabbisogno complessivo.
Tuttavia, la crescita dell’offerta non è stata accompagnata dallo stesso andamento della domanda. I dati di Red Eléctrica de España (Ree) raccontano che la domanda nel 2023 in tutto il Paese è diminuita del 2,3% rispetto all'anno precedente, raggiungendo livelli inferiori rispetto a quelli del 2020.
La notizia non è positiva: lo squilibrio tra domanda e offerta può portare a prezzi negativi dell'elettricità durante le ore di punta della produzione solare, il che può disincentivare ulteriori investimenti nel settore.
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La miopia di Greenpeace
Una volta capiti il contesto e la natura del problema, possiamo tornare all’articolo iniziale della BBC. Al suo interno viene riportata l’opinione di Sara Pizzinato, esperta di energia rinnovabile di Greenpeace Spagna: quest’ultima suggerisce varie soluzioni.
Spoiler: il mining di Bitcoin come compratore di energia di ultima istanza non è presente.
La proposta principale è quella di “accelerare il processo di elettrificazione dell'economia”, con l’obiettivo di rendere il 34% del Paese dipendente dall'elettricità entro il 2030 anziché dai combustibili fossili.
Un altro aspetto è quello dell’aumento della capacità di stoccaggio dell'energia, permettendo di immagazzinare l'eccesso di produzione di energia rinnovabile per utilizzarlo quando la domanda è più alta. Il costo delle batterie, però, è una barriera non banale.
Ma il bello viene qui: Pizzinato suggerisce di accelerare la chiusura delle centrali nucleari, già prevista per il 2035. Di fatto, risolvere il problema della domanda riducendo l’offerta. Infine l’esponente di Greenpeace Spagna si lascia andare a una dichiarazione importante:
Dobbiamo coinvolgere più persone e più industrie nella gestione della domanda, per assicurarci che la flessibilità necessaria nel sistema sia presente per far sì che la generazione e la domanda si adattino meglio durante il giorno e la notte.
Vi viene forse in mente una soluzione?
Meglio attaccare Bitcoin
A Greenpeace l’idea di sfruttare la domanda del mining per monetizzare l’energia elettrica in eccesso non balza nemmeno per la testa. Tutto il contrario.
E’ doveroso sottolineare come i vari reparti di Greenpeace siano separati tra di loro. La sezione spagnola non si coordina con quella statunitense, ossia l’autrice della campagna finanziata da Ripple Change The Code, più volte commentata in questa newsletter.
Ironicamente negli stessi giorni in cui veniva pubblicato l’articolo della BBC, il comparto statunitense di Greenpeace tornava all’attacco del mining di Bitcoin con un video pubblicato su Twitter.
Il successo del video è descritto dalle metriche: 6 mi piace e 109 commenti pieni di critiche e/o insulti. Sarebbe stato difficile ottenere un risultato diverso con un video animato di 45 secondi che non cita alcuna fonte e che fornisce un solo dato: le emissioni del mining. Esatto: Greepeace Usa non distingue nemmeno il lavoro che fanno dei banalissimi server - utilizzare elettricità - dalle modalità di produzione dell’energia elettrica. Attribuisce direttamente le emissioni al mining: il ché sarebbe come dire che le auto elettriche emettono CO2.
Insomma, qualcuno chiami Greenpeace Spagna e gli mostri la soluzione che stanno adottando Gridless, Ercot, Giga Energy, Crusoe Energy, solo per citare le più note. Qualcuno li chiami e gli dica di rimediare ai danni fatti dai colleghi americani.