Fermata #40 - Libertà = responsabilità
Il fallimento a catena degli intermediari finanziari nel mondo cripto insegna ancora una volta l'importanza del conservare le proprie chiavi non affidandone la responsabilità a terzi
Not your keys, not your bitcoins.
E’ uno dei mantra più diffusi tra i bitcoiner di tutto il mondo e viene ribadito quotidianamente su social di riferimento come Twitter e Reddit. In questa fermata cercheremo di capire qual è il messaggio dietro a quello che, più che uno slogan, rappresenta una vera e propria dichiarazione d’indipendenza.
Il rischio di controparte: mondo fiat e mondo cripto
Satoshi Nakamoto, nel white paper di Bitcoin pubblicato il 31 ottobre 2008, scriveva quanto segue:
È necessario un sistema di pagamento elettronico, basato sulla prova crittografica anziché sulla fiducia, che consenta a due parti di effettuare transazioni direttamente l'una con l'altra senza la necessità di una terza parte fidata.
Il principale obiettivo di Bitcoin, il fondamento dal quale si ramificano tutte le implicazioni della sua tecnologia, consiste nella disintermediazione dell’economia, nell’eliminazione del rischio di controparte.
Il problema si presenta con tutto ciò che non è sotto il nostro diretto controllo: dalla liquidità sul conto corrente - che non è di proprietà del correntista ma della banca - alle azioni e ai titoli comprati - gestiti da intermediari finanziari - fino alle monete a corso legale, le cui redini sono affidate alle banche centrali che le emettono. Che si parli di unità di conto, mezzo di scambio o riserva di valore, gli strumenti tradizionali che vengono oggi in gran parte utilizzati per queste funzioni (come, per l’appunto, la moneta fiat e i mercati azionari) includono uno o più rischi di controparte: utilizzandoli siamo costretti a fidarci di qualcuno.
Perché è un problema: crack, censura, svalutazione.
Nel campo economico riporre fiducia presso degli intermediari presenta principalmente tre tipi di rischi:
Crack finanziari: la crisi del 2008 ha messo in ginocchio innumerevoli istituti di credito, molti dei quali - per evitare che chiudessero i battenti e lasciassero con il cerino in mano risparmiatori e investitori - sono stati salvati dai governi nazionali e, dunque, dai soldi dei contribuenti. In Italia conosciamo storie di fallimenti bancari anche più recenti come i casi Monte dei Paschi, Banca Popolare di Vicenza, Banca Etruria, Carige.
Censura: le recenti vicende belliche tra Russia e Ucraina ci ricordano che quando è il momento di colpire un soggetto indesiderato, una delle prime strade che vengono intraprese è quella delle sanzioni economiche: congelamento o sequestro dei fondi, divieto di inviare denaro a determinati destinatari, limitazioni nell’utilizzo dei propri risparmi. “Bene quando le sanzioni sono giuste”, potrebbe pensare qualcuno: peccato che il concetto di giusto sia estremamente soggettivo. La fondazione anticorruzione (Fbk) del dissidente russo Aleksei Navalny , per esempio, nel 2019 si è vista congelare i conti in rubli dalla Russia.
Svalutazione: come evidenziato nella fermata #37 la valuta che siamo costretti a utilizzare per legge è gestita da un’istituzione, la Bce, che ha palesemente fallito il compito di mantenerne il potere d’acquisto portando l’inflazione quasi in doppia cifra a fronte di un obiettivo del 2% e riducendone del 40% il valore in solamente 25 anni d’esistenza. Risparmiare in euro, dollari, monete a corso legale in generale, significa impoverirsi.
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I default nel mondo cripto
Il rischio di controparte, contrariamente a come molti potrebbero pensare, è una caratteristica propria anche del mondo cripto in quanto quest’ultimo - come ho sottolineato nel documento pubblicato a febbraio “Bitcoin e criptovalute: mondi contrapposti” - non è altro che una trasposizione in salsa tecnologica del mondo finanziario tradizionale (solitamente definito mondo fiat).
Con il recente calo dei prezzi di bitcoin e shitcoin alcuni grandi nomi del mondo cripto sono capitolati bruciando i risparmi dei clienti per miliardi di dollari di controvalore. Celsius, piattaforma che offriva interessi da capogiro per il deposito di criptovalute, ha dichiarato bancarotta e gli avvocati stanno sostenendo che l’80% degli utenti avesse rinunciato ai diritti sulle proprie criptovalute in base ai termini di utilizzo.
Dello stesso filone le storie della piattaforma Voyager e del fondo di venture capital 3AC, entrambi in bancarotta. Per non parlare di Coinbase, uno degli exchange più noti al mondo, nonché quotato a Wall Street, che ha dovuto tagliare il 20% del personale per l’eccessivo rischio d’impresa che si era assunto prima del crollo dei mercati.
Servizi di questo tipo fanno ciò che vogliono con i fondi dei propri clienti: molti replicano il sistema di riserva frazionaria prestando le criptovalute degli utenti ad altri utenti e guadagnandone un interesse. Esattamente come le banche fanno con i soldi dei propri correntisti.
Affidare la gestione delle chiavi private a servizi centralizzati come quelli appena citati o a exchange come Binance, Gemini, Crypto.com, Ftx, Bitfinex, BitMex, Kraken, Bitpanda, The Rock Trading, Young Platform e molti altri, significa a tutti gli effetti fidarsi di un intermediario, introdurre il rischio di controparte in un sistema nato per eliminarlo. Si tratta di replicare il sistema bancario.
Prendersi la responsabilità del proprio denaro
Crolli come quelli descritti sono pubblicità per Bitcoin perché non fanno altro che sottolineare l’importanza di uno strumento che consenta autenticamente transazioni peer-to-peer senza l’intervento di un intermediario, che permetta di acquisire il totale controllo del proprio denaro con una facilità senza precedenti.
Ed è qui che entra in gioco il detto: not your keys, not your bitcoins. I bitcoin sono assegnati a degli indirizzi, i quali sono derivati da una chiave pubblica, la quale a sua volta è derivata da una chiave privata (fermata #38 per i dettagli tecnici). L’unico strumento in grado di muovere i bitcoin assegnati ai propri indirizzi è dunque la chiave privata, che gli exchange centralizzati si guardano bene dal fornire ai propri clienti.
Bitcoin nasce per evitare che gli intermediari facciano i loro interessi con i nostri soldi ma l’unico modo perché questo avvenga è custodire autonomamente le proprie chiavi private, ossia imparare ad assumersi la responsabilità dei propri risparmi.
La comodità della mnemonic seed phrase
Di cosa si tratta all’atto pratico? La chiave privata è una lunga stringa alfanumerica molto complessa da memorizzare per l’essere umano ma fortunatamente lo sviluppo di Bitcoin ci ha portato BIP-39, ovvero la codificazione delle chiavi private e il backup dei wallet nella mnemonic seed phrase: un elenco ordinato di 12 o 24 parole in lingua inglese è tutto ciò che serve per avere il controllo dei nostri satoshi.
Eliminare gli intermediari, custodire autonomamente il proprio denaro, con Bitcoin significa di fatto conservare con cura uno o più elenchi (a seconda di quanti wallet ci si crea) di 12 o 24 parole. Nulla più.
Questo non significa che non possano esserci modi diversi di conservare i risparmi a seconda delle esigenze. Si possono utilizzare hot wallet e cold wallet, i primi per le spese più frequenti e i secondi per la conservazione più sicura e a lungo termine (la differenza è spiegata nel dettaglio nella fermata #7).
Eliminare il rischio di controparte comporta responsabilità: in caso di perdita della mnemonic seed phrase non c’è modo di recuperare i fondi persi, non esiste alcun call-center da chiamare. Non esiste, tuttavia, nemmeno il rischio che i propri soldi vengano persi, congelati, sequestrati o mal investiti dall’intermediario.
Imparare ad aver cura dei frutti del proprio lavoro è il prezzo da pagare per liberarsi dalle catene del mondo fiat.
Online su YouTube la live di lunedì con Massimo Musumeci
Di seguito la nuova puntata dei video-approfondimenti live dedicati al tema della settimana di Bitcoin Train sul canale YouTube di Massimo Musumeci, fisico, ricercatore Bitcoin ed esperto di privacy e sicurezza informatica.
Appuntamento tutti i lunedì alle ore 17:00.