Bitcoin Train Podcast - Trailer Fermata #54
“Granath aveva sufficienti basi fattuali per affermare che Wright aveva mentito e imbrogliato nel tentativo di dimostrare di essere Satoshi Nakamoto”.
Sono le parole scritte dal giudice norvegese Helen Engebrigtsen nella sentenza, emessa lo scorso 20 ottobre, relativa al processo che vedeva contrapposti Magnus Granath - noto su Twitter con lo pseudonimo “Hodlonaut” - e Craig Steven Wright. Come riporta la Corte distrettuale di Oslo, nel 2019 Hodlonaut aveva definito Wright su Twitter “patetico truffatore”, “cringe”, “chiaramente malato di mente”. Il tribunale ha stabilito che questi termini non fossero diffamatori anche per il fatto che le evidenze portate da Wright a sostegno della sua tesi - quella di essere il vero Satoshi Nakamoto - non sono state convincenti.
Quello del processo tra Hodlonaut e CSW - come viene spesso abbreviato Wright - è solo l’ultimo capitolo di una storia lunga ormai sette anni. La storia di Faketoshi.
1 - Un mare di debiti
Nel 2015 Craig Wright è un informatico e imprenditore australiano quarantacinquenne che vive vicino a Sydney. Non ci sono grandi certezze sulla sua formazione: tra i due dottorati elencati sulla sua pagina LinkedIn, CSW ne menziona uno in informatica alla Charles Sturt University di Bathurst, Australia, ma l’istituto nega di avergli conferito alcun titolo di quel tipo. Gli ha invece concesso tre master in campi correlati: Networking and Systems Administration, Management (Information Technology) e Information Systems Security.
Gli affari non vanno alla grande. Delle società gestite, una è in amministrazione controllata, le altre sono sull’orlo del fallimento e hanno bisogno di $200.000 a settimana per sopravvivere. Wright e la moglie Ramona sono costretti a vendere le auto di famiglia per sostenere le spese degli avvocati, con cui hanno $1.000.000 di debiti. Serve a tutti i costi un modo per rialzarsi. Fortunatamente per lui - stando alle parole della madre rilasciate ad Andrew O’Hagan in The Satoshi Affair - Wright è sempre stato un uomo pieno di fantasia, abituato a incorniciare accuratamente piccoli pezzi di verità per farli apparire più scintillanti.
“Quando era un adolescente - ha detto - è andato a sbattere contro il retro di un'auto in bicicletta. Sua sorella lo ha accompagnato in ospedale e lui ha detto al dottore che si era rotto il naso una ventina di volte. Il dottore ha risposto: ‘Non è possibile che tu te lo sia rotto’. E Craig: ‘Mi cucio da solo quando mi faccio male’”.
Viste le sue abilità a Wright ciò che serve per rimettersi in piedi economicamente è una storia da vendere. Una storia costruita bene, che possa avere molto richiamo e che abbia a che fare con le sue competenze informatiche.
Perché non far credere di essere il ricercatissimo inventore misterioso dietro a Bitcoin? Perché non dire al mondo: “Io sono Satoshi”?
2 - L’accordo miliardario
Stefan Matthews è un esperto di IT che CSW conosce dal 2005, quando lavoravano entrambi per Centrebet, un sito di scommesse online. Wright spiega a Matthews di essere il nome principale dietro alla nascita di Bitcoin. E’ stato assistito però da altre persone: una su tutte Dave Kleiman, informatico americano, venuto a mancare nel 2013, che lo aveva aiutato in particolare nella stesura del white paper.
L’imprenditore australiano dice di aver creato in passato un fondo fiduciario, il Tulip Trust, in cui sono depositati 1.100.111 bitcoin, ossia l’ammontare presumibilmente riconducibile alle chiavi pubbliche di Satoshi Nakamoto. Secondo il suo racconto, Wright aveva fatto firmare a Kleiman un accordo - di cui però non si è mai avuta nessuna evidenza - in cui si affermava che sarebbe stato Kleiman stesso a custodire quei bitcoin. In un successivo patto separato poi, anch’esso mai reso pubblico, Kleiman sarebbe entrato in possesso di soli 350.000 bitcoin che sarebbero dovuti essere restituiti a Craig Wright il primo gennaio del 2020.