Fermata #59 - Stampa & Bitcoin: per tutti è Lehman Brothers 2.0
Nasce la rubrica per approfondire il modo in cui viene trattato Bitcoin sui media tradizionali. Nella prima puntata la confusione con il mondo "crypto" scatenata dal crollo di FTX
Il rapporto tra Bitcoin e mass media non è mai stato eccezionale. Sulle principali testate disinformazione e confusione sono spesso predominanti: è un fattore costante o è destinato a migliorare nel tempo? Avendo un background giornalistico in redazioni cosiddette mainstream ho pensato di provare a tenere traccia di come Bitcoin verrà raccontato, volta per volta, in base agli eventi di attualità. E’ per questo che con la fermata di oggi nasce Stampa e Bitcoin, la rubrica che analizza periodicamente il modo in cui giornali, tv e siti web dipingono la tecnologia introdotta da Satoshi Nakamoto.
La prima puntata non può che essere dedicata al coinvolgimento di Bitcoin nella narrazione relativa al tracollo di FTX. La vicenda è già stata analizzata in modo esaustivo da più osservatori, per cui mi limiterò a un brevissimo riassunto per chi non ne fosse ancora al corrente.
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FTX: il riassunto
Nella top tre degli exchange più grandi al mondo, valutato 32 miliardi di dollari fino a due settimane fa, FTX si è rivelata una truffa di dimensioni epocali paragonata persino al caso Bernie Madoff. I soldi dei clienti venivano utilizzati per finanziare Alameda, fondo di investimento fallimentare in mano a Caroline Ellison, con cui aveva una relazione lo stesso amministratore delegato di FTX, Sam Bankman-Fried, o SBF.
Non solo, FTX aveva creato dal nulla un token proprietario, FTT, ed era stata in grado di utilizzarlo come collaterale per ottenere ingenti finanziamenti con cui investire in sponsorizzazioni e lobbying. Star come Tom Brady e Stephen Curry erano testimonial dell’exchange che aveva acquisito anche i naming rights del palazzetto in cui giocano i Miami Heats, la FTX Arena. Persino una delle principali scuderie di Formula 1, la Mercedes, era sponsorizzata da FTX. SBF è stato poi il secondo maggior donatore per i gruppi democratici durante le ultime elezioni di midterm negli Stati Uniti, con ben 36 milioni di dollari: secondo solo ai 126 milioni di George Soros. Com’è avvenuto il crollo? In breve, documenti poco rassicuranti relativi a FTX hanno portato l’ad di Binance CZ a vendere i token FTT detenuti dal primo exchange al mondo e questo ha generato una corsa agli sportelli che ha rivelato le clamorosa mancanza di coperture di FTX. Dei quasi 90.000 bitcoin comprati dai clienti sulla piattaforma, gli indirizzi riconducibili all’azienda ne detenevano zero.
Il comando dell’exchange è stato recentemente assegnato a John Ray, avvocato con esperienza decennale nella guida di aziende in bancarotta. Queste le sue dichiarazioni:
"Nella mia carriera non ho mai visto un così completo fallimento dei controlli aziendali e una così completa assenza di informazioni finanziarie affidabili come in questo caso. Dalla compromissione dell'integrità dei sistemi e dall'errata supervisione normativa all'estero, alla concentrazione del controllo nelle mani di un gruppo molto ristretto di persone inesperte, questa situazione è senza precedenti”.
Come hanno reagito i quotidiani italiani alla notizia?
I commenti della stampa
Corriere della Sera
Lo scorso 12 novembre, a pagina 21 dell’edizione cartacea del Corriere della Sera, compare un articolo dal titolo: “Il crollo digitale del «genio dei Bitcoin» che aveva incantato vip e campioni”.
Avendo fatto il giornalista comprendo la necessità di inserire nei titoli termini riconoscibili e accattivanti per attirare il lettore. C’è però un limite a tutto. Siamo sicuri che definire «genio dei Bitcoin» un truffatore che, come detto, deteneva zero bitcoin sulla propria piattaforma, sia il modo più adeguato di fare informazione? Lascio a voi il giudizio.
L’autore del pezzo è Federico Fubini, una delle firme più note del giornalismo economico italiano. Si presuppone dunque che almeno il corpo dell’articolo possa essere scritto senza pregiudizi. Purtroppo così non è.
Nel decretare, cito testualmente, “la fine dell’età dell'innocenza per il Bitcoin e le sue centinaia di sorelle”, Fubini scrive quanto segue:
“La richiesta di protezione dai creditori di quasi tutte le società di Bankman-Fried, a partire dalla piattaforma di trading Ftx, mette a nudo la cieca superstizione irradiatasi dalle élite alle persone comuni attorno a monete virtuali e prive di un'autorità garante come Bitcoin, Ethereum o la Ftt che lo stesso Bankman-Fried aveva creato per meglio truffare i suoi clienti”.
Soprassedendo sull’incompletezza della frase - non viene chiarito quale sarebbe la “cieca superstizione” - vale la pena soffermarsi sulla seconda parte di quanto scritto: “Monete virtuali prive di un’autorità garante come Bitcoin, Ethereum o Ftt”. Il Corriere della Sera, primo quotidiano italiano per vendite, mette sullo stesso piano la rete monetaria più distribuita del pianeta (il cui punto è precisamente quello di eliminare l’autorità), una rete di smart contract e un token privato.
Se già è inaccettabile l’equiparazione tra Bitcoin ed Ethereum, l’aggiunta di Ftt è imbarazzante per la principale testata nazionale. Oltre ad essere tecnicamente sbagliata - nel senso che l’autorità garante del token era la stessa azienda, come nel caso delle azioni delle società quotate - l’affermazione è gravemente fuorviante per un lettore non esperto: il messaggio che passa è che le criptovalute siano più o meno tutte uguali e che questa gran differenza tra Bitcoin e Ftt, dopotutto, non esista.
La missione di Bitcoin Train è educare anche e soprattutto su questo punto: l’abisso che intercorre tra l’invenzione di Satoshi Nakamoto e quel mondo “crypto”, proliferato solo successivamente. Per un approfondimento più adeguato rimando al paper scritto a febbraio: Bitcoin e criptovalute: mondi contrapposti.
La Stampa
Un discorso simile a quello del Corriere vale per il sesto quotidiano nazionale per vendite: La Stampa. Venerdì 11 novembre l’articolo di spalla a pagina 27 viene titolato: “I giorni più neri delle Crypto. Il colosso Ftx rischia il collasso”. Verso la fine del pezzo il giornalista Arcangelo Rociola scrive che “gli analisti già definiscono Ftx la Lehman di Bitcoin”.
Ora, chi siano questi analisti non è dato a sapere, ma sarebbe curioso capire cosa c’entri mai Bitcoin con quanto accaduto all’azienda gestita da Sam Bankman-Fried. Da una parte una truffa in cui token aziendali creati dal nulla venivano rilasciati ai clienti in cambio di soldi da impiegare in ville, pubblicità, lobbying e fondi d’investimento fallimentari; dall’altra un network monetario globale la cui unità di conto, il bitcoin, non solo è scarsa ma è finita: non riproducibile e non controllabile da una singola entità. Qual è il motivo di un’approssimazione così sviante?
Milano Finanza
Il terzo gradino del podio se lo aggiudica il secondo quotidiano economico nazionale: Milano Finanza. Sabato 12 novembre pagina 26 si apre con il titolo: “La Lehman digitale”.
Al di là della fantasia che caratterizza tutti i quotidiani, l’errore arriva sul finale del pezzo quando l’autore dell’articolo Salvatore Licciardello cita in un virgolettato Bob Ras, fondatore di una piattaforma di trading: “Se l'inflazione scende in modo sostenibile - dice Ras - aumenta la probabilità di un sostegno monetario al sistema finanziario. Di conseguenza, può tornare la fiducia su bitcoin e ad altri asset digitali”.
Pur comprendendo che qui il concetto di fiducia è riferito all’aspettativa di profitto, suona molto strano accostare il termine a Bitcoin: un sistema economico che elimina il rischio di controparte e, dunque, la necessità di riporre fiducia in terze parti. Se esiste qualcosa che non richiede in alcun modo di doversi fidare a occhi chiusi, quel qualcosa è proprio Bitcoin, tanto che nel settore è popolare il detto: Don’t trust, verify.
E’ tutto trasparente, basta essere disposti a controllare. Una lezione che dovrebbero imparare i giornalisti in particolare.
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Del rapporto tra Bitcoin e mass media ho parlato anche martedì 15 novembre, ospite del podcast Bitcoin detox. Riguarda qui la diretta.
Quale signing device scegliere?
Qual è il miglior signing device - più conosciuto come hardware wallet - per conservare i propri satoshi a lungo termine?
Per non delegare la responsabilità della custodia a terze parti, come gli exchange, è necessario proteggere autonomamente le proprie chiavi private e il modo più sicuro per farlo è offline. Per questo sono nati i signing device: dispositivi privi di connessione Internet studiati appositamente per proteggere le chiavi private.
A mio avviso, tra sicurezza e semplicità d’utilizzo, il migliore sul mercato è BitBox02, prodotto da Shift Crypto. Il codice sorgente è completamente open-source e, a differenza degli altri principali signing device sul mercato, BitBox02 consente il backup e il ripristino della seed-phrase anche tramite una micro-SD. E’ disponibile sia nella versione Multi Coin che in quella Bitcoin-only (naturalmente io consiglio quest’ultima).
Potete provarlo acquistandolo da questo link. Per ulteriori informazioni potete rispondere a questa e-mail oppure scrivermi tramite i miei contatti.
Questo NON è un messaggio pubblicitario. BitBox02 è un prodotto che ho testato personalmente. Provatelo e fatemi sapere come vi trovate!
Online su YouTube la live di lunedì scorso con Massimo Musumeci
Di seguito la nuova puntata dei video-approfondimenti live dedicati al tema della settimana di Bitcoin Train sul canale YouTube di Massimo Musumeci, fisico, ricercatore Bitcoin ed esperto di privacy e sicurezza informatica. Questa settimana, prendendo spunto dall’ultima puntata di Bitcoin Training, si è parlato di fork, aggiornamenti e sviluppi del codice di Bitcoin.