Le banche centrali potrebbero cambiare le proprie riserve internazionali al fine di proteggersi ex-ante contro il rischio di sanzioni finanziarie da parte degli emittenti di asset fiat considerati riserve di valore.
Sono queste le parole introduttive riportate su un paper di Harvard intitolato “Copertura dal rischio di sanzioni: criptovalute nelle riserve delle banche centrali”. Lo studio, pubblicato lo scorso 17 novembre dal ricercatore Matthew Ferranti, ha scatenato un forte dibattito nel mondo accademico perché analizza un tema che per molti economisti è storicamente considerato un tabù: quello dell’introduzione di bitcoin nelle riserve delle banche centrali.
Il motivo? Bitcoin rappresenterebbe un ottimo modo per difendersi dal rischio di imposizione di sanzioni economiche da parte di economie rivali. Larga parte delle riserve, infatti, è in asset che implicano rischi di controparte come valute e titoli di stato esteri: strumenti che possono essere congelati dai loro emittenti in caso di squilibri geopolitici.