Fermata #88 - Biden chiama, Satoshi tace
Nel rapporto economico 2023 degli Usa compare un lungo report su Bitcoin. Contemporaneamente, sempre negli Stati Uniti, inizia la guerra per il dollaro digitale.
Nonostante il passaggio di Ethereum alla Proof-of-Stake, Bitcoin non ha annunciato piani per un cambiamento simile.
Chissà se alla Casa Bianca - prima di pubblicare il Report Economico del Presidente 2023 - avranno cercato comunicati stampa o dichiarazioni dell’amministratore delegato di Bitcoin. Una dichiarazione di intenti, un piano di sviluppo pluriennale, insomma qualcosa che rendesse chiara la roadmap di Bitcoin per il prossimo futuro.
Chissà, poi, chi o cosa avranno cercato nello specifico: Bitcoin Inc, Bitcoin LLC, Satoshi Nakamoto? Si saranno forse chiesti se Bitcoin sia una società quotata sul Nasdaq o sul Dow Jones. Giorni persi a cercare un qualche documento riconducibile alla governance di Bitcoin. Niente.
Gli autori del report si saranno trovati davanti al nulla più assoluto, costretti a scrivere che Bitcoin non ha annunciato alcun passaggio all’algoritmo di consenso Proof-of-Stake. Un po’ come dire che Internet - interpellata dalla stampa sul suo consumo energetico - ha deciso di non commentare.
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A differenza di Ethereum, la cui governance è ben poco decentralizzata e in cui i nomi e cognomi di chi comanda sono ben noti1, non è possibile identificare una roadmap di una rete distribuita come quella di Bitcoin.
Bitcoin è software che viene eseguito da circa 50.000 computer in tutto il mondo, gran parte dei quali difficili da localizzare perché connessi tramite Tor. Non esistono fondazioni, uffici marketing, portavoce o uffici stampa a cui fare riferimento. I cambiamenti al software2 non vengono annunciati sui giornali.
Com’è noto, il codice di Bitcoin è open-source. Chiunque è libero di copiarlo, replicarlo, modificarlo e ideare nuove versioni di Bitcoin a piacimento. Infatti, la versione Proof-of-Stake esiste già, è stata creata a luglio 2020: il mercato, però, ha preferito quella originale in salsa Proof-of-Work. Dai $ 171 di novembre 2020 per un singolo bitcoin Proof-of-Stake, oggi il prezzo è di 2 centesimi.
Energia e inflazione
Tra le oltre 500 pagine, il report ne dedica 14 a Bitcoin, soffermandosi anche sul suo funzionamento tecnico. Gran parte di quanto scritto è corretto ma, come spesso accade, errori e fallacie logiche arrivano nella parte dedicata al mining e al fabbisogno energetico.
Citando Digiconomist - blog noto per la costante disinformazione su Bitcoin - il report scrive che “ci vorrebbero 114.000 transazioni Visa per generare la stessa quantità di rifiuti elettronici di una singola transazione in bitcoin. In alternativa, una singola transazione in bitcoin può generare più rifiuti elettronici di 2,7 iPhone”. I lettori storici sorrideranno leggendo tale bestialità; per i tanti che si sono uniti più di recente rimando alla fermata #83 per capire come mai una simile affermazione sia del tutto infondata.
Gli autori si lamentano poi del fatto che Bitcoin faccia rumore: “Gli impianti di mining - si legge - producono un notevole inquinamento acustico, che è stato paragonato a un rombo simile a quello di un jet”. Non è specificato quanti ASIC - gli hardware specializzati nel mining - servano per produrre così tanti decibel, così come non è spiegato che gran parte del mining mondiale avvenga off-grid, lontano dai centri abitati.
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La confusione (voluta) sull’inflazione
Nel report si sostiene anche che bitcoin non possa essere considerato come un’asset che protegga dall’inflazione, nonostante sia inteso da molti come una riserva di valore. La prova sarebbe dovuta al fatto che durante il forte rialzo dei prezzi avvenuto negli ultimi due anni in tutto il mondo, il prezzo di bitcoin in dollari non sia cresciuto ma anzi, diminuito.
La critica è del tutto strumentale: una riserva di valore non viene mai valutata nell’arco di tempo di pochi anni ma nel lungo periodo. Da ottobre 2012 a dicembre 20133 l’oro, prezzato in euro, ha perso il 36%: l’oro non è forse una riserva di valore? Inoltre, come spiegato più a fondo nella fermata #57, il concetto di inflazione viene oggi costantemente travisato. Si pensa l’inflazione indichi l’aumento progressivo del livello medio generale dei prezzi quando il significato reale (e originale) del termine è molto diverso.
Inflazione deriva dal latino inflatio, a sua volta derivato di inflare, ovvero gonfiare. Così come l’atto di gonfiare un palloncino porta all’espansione del suo volume, l’atto di stampare la moneta porta all’aumento del circolante e, di conseguenza, alla crescita dei prezzi. L’inflazione è l’incremento stesso della massa monetaria, l’aumento dei prezzi è una sua diretta conseguenza. In questo senso Bitcoin è by design uno strumento che protegge contro l’inflazione, perché è stabilito da protocollo che il suo circolante massimo è fissato a 21 milioni: non si corre il rischio che la moneta venga svalutata.
La guerra per il dollaro digitale
Nel Report Economico del Presidente c’è spazio anche per la Central Bank Digital Currency americana. Il documento analizza pro e contro dell’introduzione di un dollaro digitale focalizzandosi, com’è ovvio che sia, sull’aspetto istituzionale.
Nessuna preoccupazione per la privacy degli utenti, nessun riferimento alle conseguenze orwelliane comportate dall’applicazione di una CBDC. Le uniche perplessità, anch’esse legittime, sono legate alla stabilità del sistema bancario. Il dollaro digitale, se introdotto senza le dovute cautele, metterebbe a serio rischio i depositi bancari e potrebbe causare corse agli sportelli, innescando una crisi sistemica.
Poiché la moneta della banca centrale è la forma di denaro più sicura - si legge - una CBDC ampiamente accessibile sarebbe particolarmente attraente per gli utenti avversi al rischio, soprattutto nei periodi di stress del sistema finanziario. La capacità di convertire rapidamente i depositi bancari in una CBDC potrebbe rendere più probabili o più gravi le corse agli sportelli.
Il report evidenzia quindi quelli che vengono definiti “vantaggi significativi”.
Il dollaro digitale consentirebbe “un sistema di pagamento più efficiente” (anche se non è chiaro il termine di paragone), fornirebbe “una base per ulteriori innovazioni tecnologiche” (non è dato a sapere quali), faciliterebbe “transazioni transfrontaliere più veloci” (chissà cosa penseranno del Lightning Network) e, ciliegina sulla torta, sarebbe “sostenibile dal punto di vista ambientale”. Ovviamente, il fatto che il potere d’acquisto del dollaro sia sostenuto dal sistema del petrodollaro4 e dalla capacità di esportare democrazia con l'esercito più temibile del mondo, non è menzionato.
L’opposizione
Fortunatamente negli Stati Uniti non vige un consenso generalizzato su una tecnologia che renderebbe la sorveglianza di massa a portata di click. Il senatore repubblicano Ted Cruz ha presentato un disegno di legge che proibirebbe alla Federal Reserve, la banca centrale americana, “di sviluppare una moneta digitale che potrebbe essere usata come strumento di sorveglianza finanziaria dal governo federale”.
Nel comunicato stampa si legge:
A differenza delle valute digitali decentralizzate come bitcoin, le CBDC sono emesse e sostenute da un'entità governativa e transitano su una blockchain centralizzata. Questo modello di CBDC non solo centralizzerebbe le informazioni finanziarie degli americani, rendendole vulnerabili agli attacchi, ma potrebbe essere utilizzato come strumento di sorveglianza diretta delle transazioni private.
L’iniziativa del senatore texano arriva a meno di un mese dall’introduzione di un altro disegno di legge, a firma del deputato repubblicano Tom Emmer, intitolato CBDC Anti-Surveillance State Act. Il testo specifica che la Federal Reserve “non può offrire prodotti o servizi direttamente a un individuo, o mantenere un conto di un individuo, o emettere una CBDC direttamente a un individuo". Inoltre "il Consiglio dei governatori del Federal Reserve System e il Federal Open Market Committee non possono utilizzare alcuna CBDC per attuare la politica monetaria".
Nel tweet con cui annunciava la proposta di legge, Tom Emmer ha scritto che "qualsiasi versione digitale del dollaro deve sostenere i nostri valori americani di privacy, sovranità individuale e competitività del libero mercato. Qualsiasi cosa in meno apre la porta allo sviluppo di un pericoloso strumento di sorveglianza".
La battaglia per l’introduzione del dollaro digitale è iniziata. Mentre la Banca centrale europea è in fase di studio dell’euro digitale, mentre Cina e Nigeria sono già in avanzata fase di test su larga scala della propria CBDC e mentre gran parte dei Paesi del mondo sta studiando una soluzione per digitalizzare completamente in controllo monetario, negli Stati Uniti si evidenziano diverse frizioni.
Uno spiraglio di libertà da quella che è considerata la più grande democrazia al mondo? Difficile illudersi: piuttosto, l’interesse a ostacolare il cambiamento per poter mantenere uno status quo in cui il dollaro è ancora riserva di valore globale.
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Online su YouTube la live di lunedì scorso con Massimo Musumeci
E’ online il nuovo video-approfondimento dedicato al tema della settimana di Bitcoin Train sul canale YouTube di Massimo Musumeci, fisico, ricercatore Bitcoin ed esperto di privacy e sicurezza informatica.
Questa settimana si è parlato dell’ipotesi di una società priva dell’autorità statale, insieme a
di . Appuntamento a lunedì 3 aprile!Fonte: https://www.bullionbypost.eu/gold-price/gold-price-history/