Fermata #39 - Bitcoin: addio al tetto dei 21 milioni?
Riparte il dibattito sulla tail emission. In futuro le fee basteranno per rendere profittevole il mining o le macchine verranno spente? C'è chi propone l'aumento del block reward: inflazionare bitcoin
Come si sosterrà il mining di Bitcoin quando la ricompensa dei blocchi diminuirà drasticamente?
E’ una domanda che in tanti si sono posti negli anni e il cui dibattito è ripreso a circolare recentemente su Twitter. Basteranno le commissioni di transazione a fornire l’incentivo economico ai miner per mantenere alto l’hashrate di Bitcoin e mantenere quindi il network al riparo da un attacco del 51%?
Capiamo da dove deriva il dubbio, le preoccupazioni che genera e perché, in realtà, è infondato.
Le conseguenze dell’Halving
La politica monetaria in Bitcoin
Come molti di voi già sapranno, Bitcoin è caratterizzato da una politica monetaria con inflazione tendente a zero.
Come spiegato nelle fermate #3 e #5, alla blockchain si aggiunge in media un blocco ogni 10 minuti. Il miner che scrive il blocco riceve due tipi di compensi per il lavoro effettuato:
Block reward: ad oggi 6,25 BTC nuovi di zecca che il miner assegna a un proprio indirizzo inserendo nel blocco la transazione coinbase. Questo è anche il modo in cui il protocollo Bitcoin emette nuova valuta sul mercato.
Fee di transazione: la somma di tutte le commissioni delle transazioni incluse nel blocco.
Ogni 210.000 blocchi, all’incirca quattro anni, grazie all’halving la quantità di nuovi bitcoin emessi alla scrittura di ogni blocco viene dimezzata. Si è passati da 50 a 25, poi a 12,5 e ora a 6,25. Nel 2024 il block reward diventerà di 3,125 bitcoin e così via, fino a quando, si stima nel 2140, verrà emesso l’ultimo satoshi che porterà il circolante totale a 21 milioni di bitcoin.
Gli effetti sul mining: rischi per la sicurezza della rete?
Questo tipo di politica monetaria ha il suo impatto più evidente sul modello di business dei miner. Inizialmente la loro principale fonte di ricavo è il block reward ma, andando questa a dimezzarsi ogni 4 anni, per rendere l’attività profittevole nel tempo dovrà necessariamente crescere il peso percentuale delle fee tra i ricavi e diventare, nel 2140, l’unica fonte di reddito.
Il fatto che l’attività di mining rimanga profittevole è fondamentale perché il network rimanga solido di fronte alla possibilità di un attacco del 51%. Questo perché l’attività in perdita porterebbe allo spegnimento delle macchine e, di conseguenza, all’abbassamento dell’hashrate complessivo della rete. E se è vero che più è alta la potenza computazionale coinvolta nel network e più questo è sicuro, è vero anche che più si abbassa l’hashrate più la rete diventa vulnerabile.
In poche parole, più miner spengono le macchine perché minano in perdita, più diventa economico entrare in possesso del 51% della potenza di calcolo globale.
Un attore malevolo che compia un attacco del 51% - sebbene non possa cambiare le regole di consenso o sovvertire le transazioni altrui - può dare luogo a due problemi:
Attacco di DDos1: fino a quando mantiene la maggioranza dell’hashrate - prima dunque che il resto della rete si riorganizzi - può minare blocchi vuoti senza inserirvi transazioni, negando di fatto la possibilità al network di confermare nuove transazioni.
Doppia spesa: a seconda della potenza di calcolo detenuta, nei blocchi più recenti (si stima sia impossibile andare oltre 6 blocchi nel passato) può sovvertire una propria transazione minando una catena che includa un pagamento che restituisce i bitcoin spesi nella transazione originale2.
Alcuni si sono preoccupati che in futuro le sole fee di transazione potrebbero non essere sufficienti per supportare l’attività di mining, pensando quindi che l’inflazione tendente a zero potrà esporre il network ad attacchi del 51%.
E’ davvero così?
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Il dibattito sul block reward
Introdurre più inflazione?
Secondo Peter Todd - uno degli sviluppatori Bitcoin più noti - “in nessuna criptovaluta le fee di transazione sono state costantemente superiori al 5-10% della ricompensa totale del mining”.3 Per lui, quindi, sarebbe il caso di aggiungere quella che viene definita “tail emission”, ossia un’emissione costante di nuovi bitcoin (la cui quantità sarebbe da stabilire) per continuare a incentivare il mining.
Si tratterebbe, in sostanza, di eliminare il limite dei 21 milioni introducendo una piccola percentuale d’inflazione costante nella politica monetaria di Bitcoin: per farlo servirebbe un hard fork4.
Un ulteriore dubbio è poi quello dell’instabilità dei ricavi. A differenza del block reward che per 210.000 blocchi resta costante, le fee di transazione sono variabili e cambiano a seconda del mercato. La domanda di blockspace5 può cambiare: nei momenti di maggior congestione della rete le fee aumentano, diminuiscono quando invece ci sono meno transazioni da far approvare.
I miner preferiscono però flussi di cassa più stabili - infatti molti si uniscono alle mining pool che distribuiscono i proventi di ogni blocco minato a tutti i partecipanti, più info nella fermata #34 - e dunque, secondo i sostenitori della tail emission, sarebbero più incentivati a minare con un reward costante proveniente dalla transazione coinbase.
Se è inflazionabile non è Bitcoin
Tra qualche decennio, quando la ricompensa diventerà troppo bassa, la fee di transazione diventeranno il principale compenso per i nodi. Sono sicuro che tra 20 anni ci sarà o un volume di transazioni molto grande o nessun volume.
Satoshi Nakamoto scriveva queste parole il 14 febbraio del 2010 su Bitcoin Talk. Per quanto strabiliante il genio dietro allo pseudonimo, il creatore di Bitcoin non deve essere per forza preso come un oracolo ma è il caso di considerare la sua visione.
Fin dall’inizio il disegno di Bitcoin consisteva nella progressiva diminuzione del peso del block reward nei ricavi dei miner e, contestualmente, nella crescita di quello delle fee di transazione. Il ragionamento non è solo teorico ma ha anche un senso pratico.
Man mano che l'effetto network fa espandere l’utilizzo di Bitcoin, la domanda di blockspace aumenterà facendo crescere anche l’importo delle fee e, di conseguenza, diminuendo l’importanza del block reward.
L’idea che in futuro le commissioni aumenteranno di molto è anche uno dei motivi alla base della creazione del Lightning Network - il Layer 2 di Bitcoin che supporta un altissimo numero di transazioni a costo quasi zero - che permetterà alla blockchain di Bitcoin di essere utilizzata come layer di settlement e come base per la gestione di apertura e chiusura dei canali lightning (operazioni che vanno registrate on-chain).
Già nei primi 13 anni di vita del network l’importanza percentuale delle fee di transazione sul totale dei ricavi del mining è salita in modo molto significativo e si prevede che possa arrivare al 50% entro il 2030.
Con l’aumento dell’importanza delle fee negli ultimi 13 anni, il mining non solo è ancora profittevole, ma lo è più di prima (linea rosa nel grafico 3). Con la progressiva salita dell’importo delle commissioni, ci si aspetta che questo trend aumenti ulteriormente nel lunghissimo periodo.
In conclusione, la proposta di eliminare il tetto dei 21 milioni di bitcoin è basata su timori non supportati dai numeri. I dati, almeno per ora, danno ragione a Satoshi Nakamoto. Senza contare che una modifica di tale portata, oltre a comportare un hard fork - già di per sé un evento traumatico -, sarebbe in completa antitesi con l’idea di una moneta solida, finita, non inflazionabile in modo arbitrario: cancellerebbe, di fatto, la caratteristica più importante di Bitcoin.
Un bitcoin inflazionabile sarebbe a tutti gli effetti una shitcoin.
Online su YouTube la live di lunedì con Massimo Musumeci
Di seguito la nuova puntata dei video-approfondimenti live dedicati al tema della settimana di Bitcoin Train sul canale YouTube di Massimo Musumeci, fisico, ricercatore Bitcoin ed esperto di privacy e sicurezza informatica.
Appuntamento tutti i lunedì alle ore 17:00.
DDos: Distributed Denial of service. E’ un tipo di attacco informatico che blocca un determinato servizio: nel caso specifico l’attaccante nega l’approvazione di nuove transazioni sulla blockchain di Bitcoin scrivendo blocchi vuoti, non inserendo volontariamente le transazioni nei blocchi.
Il meccanismo di consenso in Bitcoin, regolato dalla Proof-of-Work, prevede che la blockchain da considerare valida per ogni nodo sia quella con il maggior lavoro computazionale accumulato. Nel momento in cui un attaccante detiene il 51% dell’hashrate e riesce a minare più blocchi (e quindi più potenza computazionale accumulata) degli altri miner, sarà la sua catena - quella con la transazione sovvertita - a essere ritenuta valida dai nodi.
Fonte: https://petertodd.org/2022/surprisingly-tail-emission-is-not-inflationary#fn:fee-in-reward
Quando avviene un hard fork, blocchi che prima venivano considerati non validi sono considerati validi. Ad oggi se in un blocco il numero relativo al circolante massimo di bitcoin fosse diverso da 21 milioni, il blocco verrebbe scartato da tutti i nodi. Con un hard fork specifico verrebbe invece accettato. Un hard fork rende i nodi che non si aggiornano impossibilitati a seguire la blockchain e quindi li taglia fuori dal network.
Lo spazio all’interno dei blocchi della blockchain in cui inserire la transazione: è una risorsa scarsa (un blocco tendenzialmente non supera mai i 2 MB)