Fermata #77 - A Bitcoin non servono leggi
El Salvador, Guatemala, Costa Rica: la testimonianza di Rikki e Laura che per 10 settimane in Centro America hanno documentando i diversi modelli d'adozione di Bitcoin. Legal tender o libero mercato?
Dieci settimane trascorse tra El Salvador, Guatemala, Costa Rica e Panama. L’obiettivo? Analizzare e documentare i differenti approcci all’adozione di Bitcoin che si stanno sviluppando in Centro America.
E’ stata la missione di Riccardo Giorgio Frega e Laura Nori - noti nel settore come Rikki & Laura - che si è conclusa lo scorso 19 gennaio. I due non sono nuovi a esperienze di questo tipo: già tra fine 2021 e inizio 2022 avevano trascorso tre mesi in El Salvador per toccare con mano l’adozione di bitcoin come valuta a corso legale e la loro esperienza era stata raccontata da Rikki nella fermata #18.
Hanno deciso di replicare per studiare non solo l’avanzamento del progetto salvadoregno, ma anche lo stato di due esperimenti meno noti, che hanno attratto in minor misura l’attenzione della stampa generalista: il Bitcoin Lake e la Bitcoin Jungle.
Si tratta di due esempi di economia circolare in bitcoin avviati rispettivamente in Guatemala e in Costa Rica: due Paesi in cui non vige alcuna legge di legal tender e in cui la diffusione della tecnologia introdotta da Satoshi Nakamoto sta avvenendo in modo apparentemente più spontaneo e omogeneo.
Qual è il miglior modello? Quello di El Salvador, con la sua adozione dall’alto - cioè guidata dalle leggi statali - o quello di Bitcoin Lake e Bitcoin Jungle, in cui non vige alcun incentivo governativo? La risposta è l’oggetto di questa intervista ai Bitcoin Explorers.
L’intera intervista a Rikki & Laura è disponibile su YouTube, quanto segue è un riassunto delle parti più significative.
Qual è lo stato dell’adozione di Bitcoin in El Salvador a un anno e mezzo dall’entrata in vigore della Ley Bitcoin? Sono più o meno dell’anno scorso le attività che accettano pagamenti in satoshi?
Il gioco che noi avevamo fatto l'anno scorso era chiedere uno ad uno se accettassero bitcoin perché noi volevamo dimostrare che era possibile vivere senza toccare un centesimo in contanti o carte di credito. A distanza di un anno il nostro gioco è rimasto lo stesso. […] Ci siamo resi conto che il grosso dei commercianti che un anno fa accettava bitcoin al nostro primo passaggio, quest'anno non lo accetta più. La percentuale è difficile da calcolare con precisione, ma è abbondantemente superiore al 50% . La nostra fotografia è stata, da questo punto di vista, spietata: l'adozione nel Salvador è diminuita fortemente.
La propaganda governativa sventolava dei numeri pazzeschi: “20% di adozione di Bitcoin”. Sono menzogne clamorose conclamate poi anche nella realtà dei dati: qualche settimana fa la banca centrale salvadoregna ha riportato che l’1,5% delle rimesse su Chivo1 avviene in bitcoin. Com'è possibile che qualcuno parli del 25% d'adozione e poi solo l'1,5% delle rimesse è in bitcoin? C’è qualcuno che ha interesse a propagandare El Salvador come il paradiso di Bitcoin, quando invece non è così.
Quali sono le cause?
L’adozione arranca a causa, per esempio, del wallet Chivo che in questo anno e mezzo di vita si è distinto per dei disservizi abnormi: transazioni che spariscono nel nulla, Lightning Network che non funziona… Da quando siamo tornati ci hanno segnalato che addirittura è peggiorato. Chivo Wallet, essendo centralizzato, può essere collegato a un conto in banca e può cambiare bitcoin in dollari, trasferendo quest’ultimi sul conto: ebbene, ci sono bonifici che spariscono nel nulla.
I Chivo ATM, gli sportelli fisici preposti a cambiare bitcoin in dollari, restano fuori servizio per giorni e giorni perché nessuno va a mettere nelle macchine il contante. Insomma una storia di centralizzazione e di disservizio tipici dei governi.
L'altro grosso difetto della legge è che niente è stato fatto per educare la popolazione su Bitcoin. E’ stato fatto un grande lavoro di propaganda, c’è stato un grande lancio pubblicitario dell'iniziativa, ma concretamente viaggiare in El Salvador significa avere a che fare con una popolazione che non sa nulla di Bitcoin e che l'unica esperienza che ha è attraverso il wallet Chivo.
Quindi per i salvadoregni Bitcoin e Chivo sono la stessa cosa?
Sì. Quando noi entriamo nei locali e chiediamo perché i titolari non accettino più bitcoin, le risposte sono due: 1) E’ molto complicato; 2) Non riceviamo richiesta di pagamenti in bitcoin. Quando ti dicono “è troppo complicato” non si riferiscono a Bitcoin, si riferiscono a Chivo. Perché un'applicazione Bitcoin moderna come Wallet of Satoshi è più semplice di PayPal o di Satispay da usare. E’ di una banalità totale, ha due bottoni.
Loro sono abituati a usare il dollaro, si scambiano banconote da mattina a sera. In confronto Chivo è veramente una complicazione inutile. Perché dovrei usarlo? E’ difficile da usare e spariscono i soldi.
Quindi, a distanza di un anno, è impossibile vivere in bitcoin in El Salvador? O molto più difficile?
Molto più difficile. Se si vuole fare un giro a San Salvador e poi andare diretti alla Bitcoin Beach2 in un hotel di lusso allora tutto andrà liscio. Se invece si vuole avere una conoscenza più approfondita del Paese, bisogna rimboccarsi le maniche e prepararsi a chiedere un pochino in giro. Insomma, organizzarsi nel modo giusto perché l'adozione è un po’ a macchia di leopardo.
Passiamo alla seconda tappa. Qual è la situazione politico-economica in Guatemala? I pagamenti digitali sono diffusi? Il governo è favorevole o contrario a Bitcoin?
Il Guatemala è un Paese dove metà della popolazione non ha un conto in banca e non ha carte di credito perché sono molto care. La valuta locale però, il quetzal, è molto forte: è una di quelle che si è svalutata di meno nel Centro America. Per questo motivo il governo guatemalteco non è per niente favorevole a Bitcoin o alle criptovalute in generale.
Tuttavia, proprio perché c'è un'esigenza tecnologica, il Guatemala ha delle aziende, com Ibex e Osmo, che stanno investendo molto nella diffusione di Bitcoin. E’ interessante questo scontro: da un lato hai lo Stato padrone che dall'alto vara la legge e spinge Bitcoin sulla popolazione dall'alto. In Guatemala hai il libero mercato: aziende private che per legittime esigenze di capitalismo vogliono fare profitto utilizzando questa tecnologia.
Lago Atitlán, diventato noto nel settore come Bitcoin Lake. Durante il vostro lavoro sul posto avete detto: “Qui si può vivere 100% Bitcoin-only”. Come nasce questo progetto?
L’idea prende l’ispirazione dalla Bitcoin Beach. Il lago Atitlàn è un posto molto più grande di El Zonte, frequentato da tanti turisti sia locali che internazionali. E’ un po’ come il nostro lago di Como.
Lì arriva un anno fa un americano che cerca di replicare ciò che è accaduto alla Bitcoin Beach. Si dà l’obiettivo di convincere un locale al giorno ad accettare bitcoin.
In una cittadina come Panajachel, circa 55.000 abitanti, perfettamente organizzata perché rinomata località turistica, Bitcoin trova terreno fertile. Quando siamo arrivati ci siamo stupiti: ristoranti, caffetterie, discoteche, locali notturni… abbiamo fatto parapendio sul lago pagando in bitcoin, il tuk-tuk si può pagare in bitcoin. Puoi noleggiare una barca in bitcoin...
Mentre nella Bitcoin Beach si cerca di attrarre il turismo bitcoin di lusso in una sorta di mossa di marketing, in Guatemala è diverso. Il Guatemala è diversi ordini di grandezza più economico di El Salvador e a Panajachel puoi trovare sì l’hotel di lusso ma anche l’ostello lungo la strada o il posto che ti vende il pollo fritto per l’equivalente di pochi dollari in bitcoin.
Qual è l’incentivo in questo caso? Perché il commerciante guatemalteco decide di iniziare ad accettare pagamenti in bitcoin? Perché le carte hanno commissioni alte?
Molto probabilmente sta in quello: nel fatto che è l'unico modo per poter gestire pagamenti digitali in maniera praticamente gratuita. L’altra risposta è che Panajachel e il Guatemala in generale sono luoghi dove il libero mercato è un'esigenza. C'è una forte spinta capitalistica, nel senso che c’è una sana competizione tra commercianti, albergatori, ecc. A Panajachel ci sono addirittura dei piccoli ristoranti che hanno riverniciato tutta la facciata di arancione con il logo di Bitcoin. Hanno capito che questa è una cosa che a loro non costa niente e che può convincere più visitatori a entrare nella propria attività anziché in quella del competitor. Per loro Bitcoin è un’arma per essere più attraenti, per avere più clienti, per guadagnare di più.
Avete raccontato che in El Salvador, spesso, alla richiesta di pagare in bitcoin i volti dei commercianti tradivano un certo smarrimento. Com’è la reazione al Bitcoin Lake?
Ti guardano con orgoglio! Un commerciante si sente figo ad offrirti la più nuova e rivoluzionaria tecnologia di pagamenti elettronici al mondo in un negozietto che fa pollo fritto. Per di più, quando smanetta sull'applicazione, nel giro di tre secondi ti presenta un codice QR, mentre in El Salvador balbettano, chiamano il responsabile… e chissà dov’è il tablet… C’è più consapevolezza tecnologica. Questo perché c'è giro, c'è una comunità, si parlano tra di loro.
Ultimo capitolo: Costa Rica, Bitcoin Jungle. Nemmeno lì c’è una valuta iper-inflazionata, c’è il colòn che è ampiamente utilizzato. Sono però molto diffusi anche i pagamenti digitali con le carte. Qual è il contesto?
Cambio di scenario totale, ci troviamo di fronte a uno Stato che ha delle caratteristiche molto diverse. Qui abbiamo uno Stato con un governo tutto sommato favorevole alle criptovalute, molto interessato alle nuove tecnologia e alle nuove opportunità di investimento e di crescita economica. Non ha ancora legiferato né a favore, né contro: stando a delle dichiarazioni informali non ha nessuna intenzione di mettere i bastoni fra le ruote a questa iniziativa e, anzi, la vede come un'opportunità.
Il Costa Rica è un Paese fra i più ricchi in Centro America, è una rinomata destinazione turistica da ormai mezzo secolo. E’ un Paese che attrae molti expat e questo è proprio il caso dell’area della Bitcoin Jungle: siamo in paradiso tropicale, una terra vergine di bellezza rara che 30 anni fa ha cominciato a diventare oggetto del desiderio di tanti cittadini stranieri. Questi si sono comprati pezzi di terra, hanno costruito la casa e si sono trasferiti. Questo per dire che 35 anni fa né Uvita né Dominical - le due cittadine della Bitcoin Jungle - esistevano. Si tratta di piccoli centri dove si fa fatica a incontrare un costaricano. Quindi: situazione economica fiorente, turismo sviluppato, locali che non hanno nulla da invidiare a quelli europei. Prezzi forse non milanesi ma quasi.
Avete parlato di una vera e propria economia circolare in bitcoin in questo caso. Come nasce la Bitcoin Jungle e come si arriva a questo risultato?
Anche in questo caso, un anno fa arriva questo imprenditore e sviluppatore americano che ha un sacco di bitcoin. In Costa Rica non è comodissimo cambiare in colòn, le banche si mettono di traverso. Quindi la sua esigenza è quella di poter spendere dei bitcoin nell'economia reale. Scopre che lì ci sono altri bitcoiner che hanno la stessa esigenza e comincia a chiedere, porta a porta.
Questa cosa cresce lentamente fino ad arrivare al mercato locale. Trova però davanti un'utenza completamente diversa. Qui abbiamo dei commercianti che risparmiano e che hanno una bella attività. Non hanno il problema - come il piccolo commerciante salvadoregno o guatemalteco - di arrivare alla fine del mese. Quindi questi commercianti sono interessati a una nuova forma di pagamento, nonostante tutti accettino la carta di credito in Costa Rica.
Il ragionamento è semplice: “Realisticamente ricevo una minima percentuale del mio business in bitcoin e la tengo in bitcoin”.
La situazione attuale è che il commerciante che ha il ristorante è abituato a ricevere almeno una transazione Bitcoin al giorno. Questa è la media con chiunque noi si abbia parlato.
Tantissimo.
È tantissimo. Accumulando bitcoin, dopo un po’ ci si trova con una certa disponibilità. Il proprietario del locale va dunque al mercato a parlare con quello che gli vende la verdura per il ristorante - anche lui ha iniziato ad accettare pagamenti in bitcoin - e i due si trovano ad avere liquidità nella stessa moneta. Quindi a un certo punto uno dice: “Sai che c'è? Ti pago le verdure in bitcoin” e così via… ancora una volta, questa è la dimostrazione di come il libero mercato e la competizione capitalista, quando sono sani e spontanei - non eterodiretti - vincano nei confronti dell’imposizione statalista dall’alto.
Quindi: Bitcoin Beach, Bitcoin Lake e Bitcoin Jungle. Dal punto di vista del bitcoiner, datemi un posto per andare in vacanza, uno per trasferirsi e uno da escludere.
Laura
Vacanza al Bitcoin Lake perché è proprio divertente e non serve la macchina. Lì c’è tutto. Trasferimento in Costa Rica.
Rikki
Io preferisco stare con il pueblo! A me è piaciuta tantissimo la situazione in Guatemala e sono determinato a tornare nel Paese passandoci probabilmente anche molto più tempo. Il Guatemala è di una bellezza rara, ha un patrimonio storico e archeologico incredibile. Il 40% della popolazione è ancora nativa, parla 12 dialetti diversi che discendono direttamente dalle lingue Maya. Storia e cultura millenarie. Queste sono cose meno presenti in Costa Rica.
Quindi trasferimento al Bitcoin Lake, vacanza alla Bitcoin Jungle.
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Peter Todd è il fondatore di OpenTimestamps, consulente indipendente di crittografia applicata e sviluppatore di Bitcoin Core.
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Chivo: wallet custodial (gli utenti non possono detenere le proprie chiavi private) fornito dallo Stato salvadoregno. E’ stato descritto proprio da Riccardo Giorgio Frega in questo articolo.
Bitcoin Beach: El Zonte, piccolo villaggio noto per essere una destinazione turistica amata dai surfisti, in cui è partita l’adozione di bitcoin salvadoregna. E’ grazie alla Bitcoin Beach che il governo ha valutato l’emanazione della Ley Bitcoin.